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Constant Motion

Inizia un anno nuovo, mentre scorrono i titoli di coda. Grazie a Pappio Pere, Bu, Bloit, Maria, Beppe, Giulio Gufo Federica Alessandro Val HH Elena Stefania AFDS Silvia Matteo Sasha Alessandro (Giac) FIDAS Giovani Andrea Messaggero Veneto Scuola Glauco The Bottom Up Sara, Andrea, Giuseppe Steven Geddy, Alex, Neil Vittorio, Francesco Marta Valentina (Royal) Caterina (on bass) Dodo Irvin Philip Micaela Valeria (666) Mario Margherita (eccetera) Fabio Massimo Fabio & Ponyo Iacco, Marchi, Zuliani TWS Chiunque, leggendo, pensi “ma io non ci sono!”. "Spinning round and round it goes. I can't let up, I can't let go, Can't stop this flame from burning Forever more into the night blistering."

Pulviscolo

A Udine d'inverno il Sole non arriva, bisogna cercarlo. Tra le fitte stradine brulicanti reietti e snob, indeciso se appartenere agli uni o agli altri, cerco di non lasciarmi morire, e agito le braccia cercando, con scarso successo, di dissipare la foschia che mi avvolge il futuro.

"as long as this groundhog keeps seeing his shadow"

Immagine
la paura non esiste non esiste affollamento solo l'uomo solo esiste assuefatto al suo lamento è viscoso questo giorno discontinuo il suo fluire troppe voci e mani intorno ragnatela all'avvenire concentrato lo splendore delle stelle indifferenti solo l'uomo solo muore di miraggi intermittenti [HH] Sto qua a raccontare e raccontarmi stronzate, ma quando è stata l'ultima volta che ho davvero vissuto? Me lo ricordo: è stata la volta che mi sono tuffato dalla barca per arrivare, senza fiato, in spiaggia un'ora dopo. Era l'8 luglio e faceva caldo. Oggi è il 10 ottobre, non fa particolarmente freddo ma di sicuro non fa caldo. Temo di essermi davvero assuefatto al mio lamento. Settantasette euro e un vaffanculo valgono quanto un tuffo dalla barca: devo solo convincermi che l'acqua non è troppo fredda.

"am Ende tut es weh"

C’è un palco, appena illuminato di un fioco rosa che colora le nuvole grigie, su cui infiniti attori recitano ogni giorno un copione spesso già scritto. Le assi scricchiolano sotto i passi di un coprotagonista nervoso e irrequieto, mentre innumerevoli comparse si affannano e si azzuffano, sperando di essere ricordate da un pubblico addormentato. Non c’è tetto, nel teatro, ma la pioggia si trattiene, quasi a voler dare la possibilità agli attori di raccontare la loro storia. È autunno.

carta

La carta è carta. Possiamo scriverci sopra quello che vogliamo, possiamo cancellare, possiamo bruciarla, possiamo ricoprirla di inchiostro, possiamo strapparla, ma la carta resta carta. Quello che scriviamo, d’altro canto, è immutabile tanto quanto la carta, ma non può essere cancellato, bruciato, coperto d’inchiostro, strappato. Possiamo dimenticarlo, ma resta lì. Appoggio la penna un attimo, e mi perdo a pensare ai tuoi occhi.

Polvere

Per arrivare alla cala dove teneva ormeggiata la barca, il viaggiatore doveva attraversare un promontorio brullo e polveroso. Ogni mattina si riempiva di una polvere sottile, che, mescolata al sudore, si appiccicava ai vestiti. Arrivava al mare e raggiungeva la barca a nuoto. Era una piccola barca a remi, grande abbastanza per appena due persone. In effetti, l'aveva costruita apposta per due persone.  Il viaggiatore, ogni giorno, pescava. Pescava col vento, con la pioggia, con la bonaccia o col Sole. Non pescava granchè, anzi, spesso tornava a casa a mani vuote, ma continuava a pescare, come aspettando una preda che non arrivava.  Ogni sera, di nuovo, il viaggiatore attraversava il promontorio e grattava via giornate spesso vuote sotto l'acqua calda della doccia.  Ogni volta, il viaggiatore dimenticava se' stesso aspettando il domani, tra sogni agitati e ricordi di un futuro mai abbastanza chiaro.

Echoes

Il Sole picchia forte, e il viaggiatore si asciuga il sudore dalla fronte. Gliene gocciola un po’ negli occhi, brucia e fa male. La pelle è secca, e il sale ha incrostato i capelli. I fili non si muovono, il mare è piatto come un olio. Fa in tempo ad arrivare il tramonto, con le nuvole rosa appena accennate sul cielo azzurro che arrossisce verso l’orizzonte. Lui torna a casa, stanco. La speranza vorrebbe averla trovata in mare. Apre la porta, si scrolla la polvere di dosso in corridoio e toglie le scarpe. La lampadina di fianco al letto si spegne con un click. “Domani”, sussurra, “domani.” Get your broom and sweep the echoes of yesternight's fallen freckles away!

Matching Mole, #1

Non ricordo il tuo profumo. Vedo le tue forme, sinuose, muoversi e nascondersi negli anfratti più bui della mia memoria: come se fossi tutto ciò che mi trattiene dall'impazzire. Cosa si aspetta, da me, la morte? Che le vada incontro a braccia aperte, forse? Che mi faccia accogliere dolcemente in casa sua? Si aspetta forse che, una volta arrivato, ti baci i piedi con passione, accarezzi i tuoi seni e mi faccia mangiare dalle tue labbra? I più oscuri segreti sono segreti madidi di sudore, assassini della noia e della monotonia, che bruciano vividi nell'oscurità banale del mondo, segreti di sangue sparso, segreti lividi, segreti che capovolgono la realtà e liberano noi, segreti che restano segreti.

alive

Tic, toc, scorre veloce il tempo. Silenziosa, la sabbia precipita verso il fondo della clessidra in giornate che si susseguono grigie. Cerchi la luce a tentoni, sapendo che è lì ma non riuscendo mai a raggiungerla. Poi, inaspettatamente, si accende. Pensieri madidi mi attraversano la testa pulsante, penso, penso, penso che penso troppo e la testa mi pulsa di più, sono stanco, il volume è alto e le luci balenano come locuste solitarie d’estate, un’estate che comunque si nasconde oltre le nuvole grigie, la pioggia fredda e le stufe accese. Ormai nemmeno pensare a Lei mi conforta, tutto mi sembra figlio di una monotonia distruttiva. “HEY, I, BUT, I’M STILL ALIVE!” Una scossa: non saprei nemmeno come definirla. Improvvisamente, capisco e mi sveglio. Improvvisamente, sono di nuovo vivo. Sempre che fossi morto. Hey I, oh, I'm still alive Hey I, but, I'm still alive Yeah I, ooh, I'm still alive grazie.

ecce bombo

Il ragno era di cattivo umore, non perdeva neanche tempo a tessere tele, dato che la pioggia le inzuppava una dopo l'altra. Contemplava il plumbeo grigiore della campagna, riflettendo sulla primavera non ancora arrivata. Scrutava l'orizzonte oltre le colline, corrucciato. All'improvviso, un bombo si avvicinò ronzando felice. Al ragno dava quasi fastidio, nella sua felicità cicciona. "Ehi, ciccione! Dove credi di andare?" "Che domande, sono in cerca di delizioso nettare!" "Guarda che è ancora tutto morto." "Non credo... guarda quell'acacia, ad esempio." Il ragno sollevò gli occhi, e vide un'acacia tempestata di meravigliosi fiori bianchi. "Diamine! Hai ragione, non ci avevo fatto caso." "Non è sempre così, Ragno? Quante cose ci sfuggono, ogni giorno? Quanti fiori sbocciati non vediamo?" Prima che il ragno potesse rispondere, il bombo volò via. zzzzzz. Venne la sera, e il ragno era già più allegr

hai presente una vita a cantare in un pullman?

Il treno corre, il tempo vola e la musica stempera il desiderio. I vasti campi sono offuscati dalla foschia, mentre la città aspetta alla fine delle rotaie. Non è forse questo ciò a cui miriamo tutti? Una felicità effimera nella sua perfezione. Mentre le campagne lasciano il posto ai palazzi ingrigiti e tristi di Milano, assecondo ogni mio pensiero e mi lascio cadere nel vuoto abbraccio del presente. "son scoppiato così e così."

in morte di Tyche [carme]

Ogni giorno lottiamo contro il destino: ma il destino non è una cosa scritta, prestabilita. È semplicemente l’imprevedibile, Tyche (quella di Tucidide). Ecco, noi ogni giorno combattiamo contro Tyche. Non è nemmeno una battaglia persa in partenza, semplicemente non è una battaglia. Perché Tyche non combatte, Tyche semplicemente è. Anche una cosa così semplice come farsi avanti, chiedere o dare un numero di telefono, può diventare complicato come cercare di accendere un fuoco senza fiammiferi, accendini o manuale delle Giovani Marmotte. Se poi uno è già imbranato di suo, non ne parliamo. Quindi, come possiamo gabbare Tyche? Non possiamo batterla, perché non stiamo lottando, e non possiamo preoccuparcene ogni volta (e lo facciamo, troppo spesso). Possiamo guardare oltre, però. Possiamo buttarci, senza pensarci troppo ogni volta. Di solito funziona. Non resta che provare (di nuovo).

index

Come moriamo? Moriamo di corsa, con il sapore del sangue in bocca, il fiato corto e la fronte sudata. Moriamo sputando quell'ultimo brandello di umanità che ci resta, tra un caffè e l'altro. Moriamo senza avere il coraggio di confessare la bellezza quando sarebbe così semplice, così bello. Moriamo ascoltando per l'ennesima volta quella canzone, sperando che oggi ci aiuti ad andare oltre. Moriamo senza vedere mai il Sole, eppure cercandolo perennemente. Vorremmo vivere, ed è già ieri.

paura

Paura, paura, paura. Cos’è la paura? Ve lo spiego io, cos’è la paura: non è niente. La paura è una bestia con cui ho avuto spesso a che fare, in questi ventitré anni. Paura di non essere all’altezza, paura di essere preso in giro, paura del buio, paura di essere da solo. Generalmente, fin da quando ero piccolo, ho avuto dei problemi a relazionarmi con le persone: all’asilo, perché ero bravo ed educato (fatto ovviamente intollerabile dai compagni); alle elementari, perché ero bravo, educato e avevo le gambe storte (ah, i bambini e la loro leggiadra crudeltà), che ancora ho, per inciso; alle medie, perché ero bravo, educato, avevo le gambe storte, mi faceva schifo il calcio e non bestemmiavo agli allenamenti (di calcio: ebbene sì); alle superiori la situazione ha iniziato a migliorare: di certo non ero il più figo, ed ero abbastanza grasso, oltre che originale nel modo di vestire (dando spesso retta a mia madre su scarpe tremende) ma c’erano altre persone come me, e ho superato

Il ragno e la volpe

Un tranquillo venerdì pomeriggio, e il ragno non aveva di meglio da fare che penzolare a testa in giù osservando la neve ostinata non sciogliersi, dando attenzione ora ai soffici cumuli bianchi (ma parecchio sporchi), ora al cielo, che come si sa nel primo pomeriggio rende malinconici. Improvvisamente, un luccichio in lontananza attirò la sua attenzione. Pensava di essere solo. Ma dal momento che qualunque cosa è più interessante dei mucchi di neve sporca, si concentrò sul luccichio. Si calò giù di colpo. Zampettando velocemente si avvicinò, ma non vide più nulla. Allora iniziò ad arrampicarsi sull'olmo più vicino, sperando di rivederlo. Arrivato in cima, fece appena in tempo a vedere qualcosa guizzare dietro a un cespuglio. Scese dall'albero e aggirò il cespuglio con circospezione. Come un fulmine a ciel sereno, la vide. Una volpe meravigliosa, brillante come un fuoco estivo. Il ragno si avvicinò. La osservava, notava ogni sfumatura di un arancione che sembrava av

dritto, rovescio

Il ragno uscì dal suo buco, stropicciandosi gli occhi, e si guardò intorno. Aveva nevicato! La neve, quella dannata poltiglia bianca che strappa tutte le ragnatele intessute con cura! Il ragno uscì, fece tre o quattro passi sulle sue lunghe zampette, e dopo essersi scrollato di dosso la neve, frullando come un passerotto intirizzito, fece un respiro profondo. Una nuvoletta di vapore uscì dalla sua boccuccia zannuta, disperdendosi nell’aria ghiacciata. “Che diamine, pensavo di potermene restare a dormire almeno fino alla fine dell’inverno!” borbottò fra sé e sé (il nostro ragno, come avete capito, non è particolarmente dinamico o diligente). E, canticchiando una canzoncina, si gettò nel vuoto per ricamare una nuova tela. Dritto, rovescio, dritto, rovescio, dritto, rovescio…

un giorno

“Cosa fai lì?” “Niente” Il mare si scontrava con la terra, e il vento puliva dalle nuvole un cielo troppo bello per lui. La polvere copriva i cespugli, e i suoi pensieri coprivano le parole di lei. I capelli scompigliati, la barba di tre giorni e gli occhi socchiusi per il freddo, guardava l’orizzonte, soffermandosi ora su quest’onda, ora su quella, non sapendo decidere quale fosse la più maestosa. Pensava a suo nonno, a una giovinezza passata in quel mare così verde, in quella terra così aspra, una giovinezza che non c’era più. Ripensava a tutte le persone piene fuori e vuote dentro che aveva conosciuto, e ripensava a lei. Il mare stava raccontando la stessa storia da un po’. Si incamminò verso la città, a passo spigliato, accompagnato solo da sé stesso. Si perdette ad ascoltare la strada trafficata di città fuori dalla finestra, e a ricordare un’infanzia ormai lontana. Si addormentò tranquillo, solo con i suoi pensieri. Per quante storie possiamo vivere, non ne raccon

quattro righe

Perché non riesco a pensare, non riesco a sognare, mi estraneo dal mondo senza neanche volerlo? Non riesco a scrivere. Avrò il blocco dello scrittore? Eppure sto scrivendo, adesso. Forse… forse l’ispirazione si perde tra le pieghe del tempo, in ogni respiro che compone una giornata, in ogni bacio dato, in ogni luna piena, in ogni cielo azzurro che mi illude, in ogni canzone che ascolto, in ogni lacrima che bagna il viso, in ogni desiderio. Quattro righe ci sono.

uno

Matilda fissava intensamente il ragno, penzolante nell’angolo della stanza, non sapendo se sperare che fosse morto o vivo. Fuori il cielo era grigio, e l’aria di montagna filtrava da sotto le porte. Una luce blu dalla sua bacchetta fece aprire gli occhietti vispi al ragno. Matilda sobbalzò. “ma guardati”, disse. “Così piccolo.” Il ragno si limitava a fissarla a sua volta, all’erta, con tutti i suoi minuscoli peli tesi ad ascoltare l’aria. La luce diminuiva, e lo spettro dei colori si riduceva. Il mondo diventò grigio. “loro dove sono?” chiese. Il ragno non si muoveva. “Rispondimi!” si sentiva solo lo scricchiolio delle assi. Fuori, l’erba grigia si agitava. La abbracciò forte, accarezzando la sua pelle nuda e guardando il vento sferzare le rocce, fuori dalla finestra. Sentì bisbigliare nella stanza accanto. Improvvisamente, un chiarore accecante inghiottì la stanza. Il ragno si mosse. “non è necessario che tu lo sappia”, rispose. Il respiro si fece affannoso,