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Visualizzazione dei post da febbraio, 2013

Il ragno e la volpe

Un tranquillo venerdì pomeriggio, e il ragno non aveva di meglio da fare che penzolare a testa in giù osservando la neve ostinata non sciogliersi, dando attenzione ora ai soffici cumuli bianchi (ma parecchio sporchi), ora al cielo, che come si sa nel primo pomeriggio rende malinconici. Improvvisamente, un luccichio in lontananza attirò la sua attenzione. Pensava di essere solo. Ma dal momento che qualunque cosa è più interessante dei mucchi di neve sporca, si concentrò sul luccichio. Si calò giù di colpo. Zampettando velocemente si avvicinò, ma non vide più nulla. Allora iniziò ad arrampicarsi sull'olmo più vicino, sperando di rivederlo. Arrivato in cima, fece appena in tempo a vedere qualcosa guizzare dietro a un cespuglio. Scese dall'albero e aggirò il cespuglio con circospezione. Come un fulmine a ciel sereno, la vide. Una volpe meravigliosa, brillante come un fuoco estivo. Il ragno si avvicinò. La osservava, notava ogni sfumatura di un arancione che sembrava av

dritto, rovescio

Il ragno uscì dal suo buco, stropicciandosi gli occhi, e si guardò intorno. Aveva nevicato! La neve, quella dannata poltiglia bianca che strappa tutte le ragnatele intessute con cura! Il ragno uscì, fece tre o quattro passi sulle sue lunghe zampette, e dopo essersi scrollato di dosso la neve, frullando come un passerotto intirizzito, fece un respiro profondo. Una nuvoletta di vapore uscì dalla sua boccuccia zannuta, disperdendosi nell’aria ghiacciata. “Che diamine, pensavo di potermene restare a dormire almeno fino alla fine dell’inverno!” borbottò fra sé e sé (il nostro ragno, come avete capito, non è particolarmente dinamico o diligente). E, canticchiando una canzoncina, si gettò nel vuoto per ricamare una nuova tela. Dritto, rovescio, dritto, rovescio, dritto, rovescio…

un giorno

“Cosa fai lì?” “Niente” Il mare si scontrava con la terra, e il vento puliva dalle nuvole un cielo troppo bello per lui. La polvere copriva i cespugli, e i suoi pensieri coprivano le parole di lei. I capelli scompigliati, la barba di tre giorni e gli occhi socchiusi per il freddo, guardava l’orizzonte, soffermandosi ora su quest’onda, ora su quella, non sapendo decidere quale fosse la più maestosa. Pensava a suo nonno, a una giovinezza passata in quel mare così verde, in quella terra così aspra, una giovinezza che non c’era più. Ripensava a tutte le persone piene fuori e vuote dentro che aveva conosciuto, e ripensava a lei. Il mare stava raccontando la stessa storia da un po’. Si incamminò verso la città, a passo spigliato, accompagnato solo da sé stesso. Si perdette ad ascoltare la strada trafficata di città fuori dalla finestra, e a ricordare un’infanzia ormai lontana. Si addormentò tranquillo, solo con i suoi pensieri. Per quante storie possiamo vivere, non ne raccon