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Cross

Il Viaggiatore osserva l'altro lato dell'immenso lago, la città rumorosa strabordante di sogni alle spalle, la nebbia che separa le due rive. Poco più in là, un fumo lieve si sprigiona dai resti bruciati di un vecchio ponte. Il Viaggiatore cammina nel mattino umido verso nord-ovest, e si ritrova di fronte a un ponte costruito a metà. "A cosa pensi?" chiede il Ragno. "Al passato, Ragno. Forse dovrei ricominciare a lavorare a questo mezzo ponte." "Viaggiatore... La metà di questo ponte che potevi costruire tu è finita. Da tanto. Non puoi più lavorarci, puoi solo aspettare che venga costruita l'altra metà. E sai bene che non dipende da noi. Dovresti, invece, cominciare a costruire un nuovo ponte, come io comincio a tessere una nuova tela." "Ma come posso rassegnarmi a non vedere mai questo ponte finito, Ragno?" "Non devi rassegnarti a non vederlo finito, devi solo accettare che qui e ora la seconda metà non c'è. Il pu

assenza

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Di tutto, resta solo l'assenza. Non ci sei più e non so più respirare, l'ossigeno ha lasciato il posto allo zolfo, le cose sembrano così opache e prive di senso.  Vorrei potermi strappare il cuore dalla voragine che ho nel petto e lasciarlo guarire, lasciarlo sanguinare tutto questo dolore chiuso in un armadio, vorrei che tu fossi ancora qui, a dirmi che va tutto bene, a dirmi che l'autunno sarà sereno e caldo, a lasciare che io mi perda nei tuoi occhi neri che neri non sono, a stringermi le mani. Vorrei sentire il profumo dei tuoi capelli, vorrei ancora sentire il calore delle tue braccia, vorrei sorriderti e vederti sorridere. Restano ricordi che mi spettinano l'anima, e non posso fare altro che sanguinare amore sul pavimento. "Waking up to your sound again and lapse into the waves of misery"

"è che quegli occhi neri"

Ci sfioriamo ogni giorno come elettricità, voltandoci e non voltandoci. Ci sfioriamo come le onde del mare, d’inverno, sulla spiaggia. Suonano le campane della sera e mi sfiora il tuo sorriso. La tua pelle è luminosa come la Luna d’inverno e mi scalda come il Sole d’agosto. Ancora nella tempesta, ogni giorno l’eternità non si mostra. Ho il tuo profumo addosso, non riesco neanche a respirare senza pensarti.

Bufalo Bill

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C'è una canzone di Francesco De Gregori che si intitola Bufalo Bill. [questa. sì, lo so, il titolo è "Bufalo Bill", con una f, ma questa è la versione migliore che ci sia, quindi ok] In questa canzone c'è un verso splendido, al quale ogni anno mi trovo a ripensare. "Avevo pochi anni, e ventiquattro anni sembran pochi, poi ti volti a guardarli e non li trovi più". E' vero, gli anni nel testo sono venti, ma come ho detto ci ripenso ogni anno, e quest'anno, quindi, sono ventiquattro. Mi giro a guardare i miei ventiquattro anni e cosa vedo? Vedo Torino, Bandung, Tolosa, Varese, Ragogna, Pola, Policka, Klagenfurt, Metz, Toronto, Atlanta e Vernon. Vedo tutte le persone. Vedo tutta la musica. I libri. Le cose. (vedo anche che sto facendo un elenco, come Jovanotti ultimamente, se l'elenco ha senso, o come Vasco Brondi, se non ha senso; mi hanno fatto notare questa cosa. Vedete voi) Vedo queste giornate d'estate cos

Do you remember?

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ricordi di sirene, occhi color del mare e gioventù.

"così ci chiudo il sacchetto dei biscotti"

Quando ho iniziato a scrivere su questo blog, l'idea era di raccontare delle storie.  Questa è la storia di Dodo e del signor X. "Sono in coda alla cassa del supermercato quando mi sento toccare la schiena: mi giro e trovo un povero uomo alcolizzato che mi mostra un pugno di monetine (tutte di rame) e mi chiede 10 cents per arrivare al prezzo di una confezione di mollette: "così ci chiudo il sacchetto dei biscotti", mi dice tutto felice. Non resisto e glieli do. Lui sgrana gli occhi e non fa che ringraziarmi per tutta la durata della coda. Arriva poi il mio turno in cassa, pago la mia spesa e dietro di me il pover'uomo rovescia nelle mani del cassiere il suo mucchietto di monetine, ma, tragedia, manca ancora la "bellezza" di 12 cent... Il cassiere lo guarda malissimo, il pover'uomo porcona a destra e a manca, ma alla fine aggiungo anche questi benedetti 12 cent. Esco e subito vengo seguito ancora da lui, mi ordina di fermarmi e, quando mi r

"e qualche volta sogno"

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Le giornate si allungano, la tramontana accarezza le finestre e si fa in tempo a vedere un po' di azzurro prima di tornare a casa, prima che arrivi la notte. E così, tra un bicchiere di neve e un caffè come si deve, quest'inverno è passato (e ho vinto io). (grazie.)

lo dico piano, sottovoce.

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La felicità è fuggevole come il vento tra i vicoli a primavera, come un bacio sulla guancia, come le nuvole guardate insieme, come un corpo in fiamme accarezzato da dita affusolate. La felicità è fuggevole e ne siamo preda quando meno ce lo aspettiamo. Abbandoniamoci ad essa. [thanks to Rae Marshall for the pic]

"noi diventiamo vecchi ma guardiamo sempre le stesse ragazze"

Da quanto tempo il ragno non aveva compagnia, nel suo anfratto buio? Da quanto tempo stava tessendo la sua tela intricata, monumento a una vita solitaria e indaffarata? Se ne era dimenticato. Era inverno o primavera? Autunno, forse? Davvero, se ne era dimenticato. Stiracchiandosi, zampettò fino al grumo di terra che chiudeva quasi del tutto la piccola cavità, e il Sole, filtrando, si stiracchiò a sua volta, illuminando l'umidità aggrappata alla ragnatela. Il ragno osservò soddisfatto il suo capolavoro e si diresse fuori. C'era un'aria strana, fredda ma frizzante. Probabilmente era ancora inverno, sì, ma volgeva al termine. Si arrampicò su un sasso vicino per scrutare il sottobosco, quando vide una meravigliosa cerva, con gli occhi color quercia e il manto lucido. Si muoveva furtiva ma leggiadra, come un tutt'uno con il manto di foglie ormai marce che ricopriva il terreno, in attesa che qualche sporadico croco andasse a punteggiarlo. Il ragno era lì, imbambola

la primavera è inesorabile

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Come saprete, oltre a questo blog ne ho anche un altro, che si intitola "Kill Ugly Radio", sul quale scrivo di musica. Questi pensieri forse sarebbero più in tema con quel blog, ma penso sia giusto condividerli qui. Ieri ci ha lasciati Francesco Di Giacomo. Francesco era il cantante del Banco del Mutuo Soccorso, probabilmente la più grande voce della musica italiana. Ho avuto la fortuna di ascoltare il Banco due volte nel corso degli ultimi tre anni, la prima nella tournée con le Orme e la seconda lo scorso ottobre, unplugged. Soprattutto, nel mio piccolo, Francesco Di Giacomo è stato una delle influenze e ispirazioni principali per ciò che ho scritto su questo blog. Uno dei personaggi più ricorrenti, il Ragno, l'ho pensato ascoltando proprio "Il Ragno" del Banco, e molte immagini di primavere ed estati le ho trovate nelle loro canzoni. La voce di Francesco mi ha sempre trasmesso emozioni che nessun'altro è riuscito a trasmettermi. Sono tr

"Vital Signs"

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Quotidianità grigia come questi giorni di pioggia che resta qui. Ho bisogno di sentire il Sole che mi accarezza il viso, il profumo dei fiori, la terra umida la mattina presto, la vita che ti sputa addosso mentre sudi, qualcuno a cui svegliarsi accanto. "There is no way this winter is ever going to end, as long as this groundhog keeps seeing his shadow. I don't see any other way out. He's got to be stopped. And I have to stop him." A noi due, allora, inverno. "Leave out the fiction.  The fact is, this friction  Will only be won by persistence.  Leave out conditions:  Courageous convictions  Will drag the dream into existence."