"the ghost of saturday night".

Una di quelle sere che non ti dimentichi, una di quelle sere che ti fanno sentire vivo. Una di quelle sere che ti fanno sentire. Esci, incontri un amico, parli di wow, fa un freddo ragguardevole e ridacchi pensando che era parecchio che non ti divertivi così. Poi entri dove dovevi andare, al caldo, e incontri Mario, quasi quarant’anni, un po’ Eddie Vedder, un po’ Tom Waits e un po’ Jeff Buckley, come doveva essere in una di quelle sere al Sin-è in cui nessuno se lo cagava ma lui continuava, e meno male. Il ruggito di un animale da palcoscenico come pochi, che riesce a rendere emozionante anche le cose più scontate, che diciamocelo, Zombie manca solo la cover di Nonna Papera e poi l’hanno fatta tutti. E riesce a farti tornare la voglia di riascoltare quella canzone dei Foo che ti eri quasi dimenticato, e ti rinfranca sapere che “tutti soffrono”, e ti ricorda di non lasciarti andare, mai. E ti ricorda che il disagio può essere un’emozione che crea nuove emozioni, e che di sicuro a quasi quarant’anni ci può essere più vita che a neanche venti. E camminando con un amico enigmatico verso il prossimo bar, poi la macchina e casa e il dentifricio e il letto con la borsa dell’acqua calda come i vecchi ti dici che è valsa proprio la pena di uscire. E che la vita è una figata.

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Commenti

  1. Non ti hanno insegnato che non si iniziano le frasi con una congiunzione, caro Grammar Nazi?

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  2. sì, mi è stato detto. ma il fatto che io sia un grammar nazi non comporta la mia infallibilità. inoltre esistono le licenze poetiche (anche se mi ritengo un blogger noob piuttosto che un poeta).

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